venerdì 17 giugno 2011

GILLO DORFLES

Bisogna essere cauti nel chiedere a Gillo Dorfles notizie del suo passato. Non risponderà volentieri e semmai preferisce parlare al passato prossimo che al passato remoto. I ricordi, per quest'uomo che ha superato i 101 camminando sempre diritto ed elegante, leggendo sempre a occhio nudo, parlando con tono fermo e voce chiara, sono un fastidio che lo fa sbuffare di noia: «Preferisco ricordare il presente e vorrei ricordare il futuro, naturalmente». La sua quotidianità? «Niente di ufficiale». Ma si sa che nella sua giornata, tra l'altro, c'è la pittura e c'è il pianoforte, che è qui in un angolo del salone. «Niente vita privata, e niente autobiografia, quella uno avrebbe diritto di farla solo dopo morto. Lo scriva, per piacere». Scritto. Però almeno un accenno al papà ingegnere navale e alla sua città: «Sono rimasto a Trieste fino a 4 anni, quando è scoppiata la prima guerra ci siamo trasferiti a Genova, la città di mia madre. Poi sono tornato a Trieste in epoca di ginnasio». Sono gli anni in cui Dorfles entra in contatto con l'intellighenzia locale. Tanti nomi, a cominciare da quello dell'amico del cuore Bobi Bazlen, lettore accanito, consulente editoriale e traduttore. «Da piccolo avevo la passione dei libri belli: un giorno nel negozio d'antiquariato di Saba ho chiesto ai miei genitori un volume antico, credo un classico. Saba mi ha detto: "Non xè par ti, non puoi capirlo...". In realtà a me interessava la rivestitura di cuoio, non il testo». Poi, grazie all'amicizia stretta con la figlia Linuccia, il poeta sarà un incontro quasi quotidiano: «Aveva un carattere pessimo, poco espansivo, presuntuoso, nevrotico. Svevo era l'opposto, impacciato, affabile, simpatico...». 



Il passato conterà anche poco per Dorfles
, ma quanti possono dire oggi: ho conosciuto l'impiegato Ettore Schmitz... «Ero amico delle ragazze della famiglia, che faceva parte della buona borghesia triestina e aveva la capostipite in Olga Veneziani». La Veneziani era proprietaria della fabbrica di vernici sottomarine in cui Svevo, dopo aver sposato Livia, la figlia di Olga, era stato assunto come impiegato. «Nella Villa Veneziani si riunivano ogni domenica amici che arrivavano anche dall'Italia, tipo Giacomino Debenedetti e Montale. Un giorno accompagnai Bazlen in posta a spedire in Francia una copia di Senilità. Nel '25 era uscito l'omaggio di Montale, ma prima dell'investitura Svevo era conosciuto da pochissimi e scriveva romanzi con grande irritazione della suocera, che considerava la sua passione letteraria una perdita di tempo. Svevo aveva un carattere delizioso, aureo direi». Subito dopo la guerra, Dorfles scrisse un articolo sulla «Lettura» sulla casa bombardata dei Veneziani come il regno del cattivo gusto in cui Svevo era un incompreso: «Le figlie della vecchia Olga hanno scritto a mia madre chiedendole di punirmi per quell'articolo».



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