Le opere di Vanessa Beecroft in mostra al Pac
Il dramma dell'immigrazione ispirato da 'L'Ultima Cena' di Leonardo Da Vinci
18/03/2009 - 08:51
In esclusiva assoluta per il Pac (Padiglione d’arte contemporanea)Vanessa Beecroft presenta la sua opera n. 65.
L’esposizione si divide in 2 parti: la performance VB65 e 16 videodelle sue precedenti performance, tra cui VB61 e VB62.
L’opera creata dall’artista italiana per il Pac, ha come protagonisti 20 immigrati africani, seduti ad una tavola, come a voler riproporre“L’ultima Cena” di Leonardo da Vinci. I 20 uomini, tutti veri immigratiarrivati in Italia dall’Africa a bordo di una barca, sono vestiti da sera, eleganti, con abiti scuri, ma impolverati, strappati.
Il dramma dell’immigrazione è il tema di VB65 in cui il pubblico è unospite non invitato alla cena, nel corso della quale i commensali mangiano senza piatti e posate, ingerendo cibo intero.
Vanessa Beecroft è nata a Genova nel 1969, attualmente vive a Los Angeles. La sua prima performance risale al 1993, quando per lapresentazione del suo libro Despair ha invitato 30 ragazzeeleggendole quale suo pubblico “speciale”.
Da quel momento la Beecroft ha realizzato 65 performancetrasformando e rielaborando la quotidianità, affrontando svariate questioni come la sua malattia psicofisico-formale, malattie dell’alimentazione come la bulimia e l’anoressia, con incursioni nel mondo della moda, del cinema, del teatro e della pubblicità.
“L’opera di Vanessa Beecroft si presenta senza ombra di dubbio come una delle riflessioni più puntuali del passaggio di fine/inizio secolo e millennio, interrogandosi e facendoci interrogare su una delle questioni cruciali della nostra esistenza e dell’arte che è il corpo e la relazione che noi abbiamo con esso” ha sottolineato Giacinto di Pietrantonio nel saggio che presenta l’artista.
L’assessore alla Cultura del Comune di Milano, Massimiliano Finazzer Flory ha voluto fortemente la presenza di Vanessa Beecroft al Pac:“La performance di Vanessa Beecroft si iscrive all’interno di una dialettica tra carne e corpo, tra il possesso della vita e la sua proprietà dove assistiamo ad un cortocircuito tra consumi e costumi. Il pubblico non potrà che essere emotivamente coinvolto”.
L’esposizione si divide in 2 parti: la performance VB65 e 16 videodelle sue precedenti performance, tra cui VB61 e VB62.
L’opera creata dall’artista italiana per il Pac, ha come protagonisti 20 immigrati africani, seduti ad una tavola, come a voler riproporre“L’ultima Cena” di Leonardo da Vinci. I 20 uomini, tutti veri immigratiarrivati in Italia dall’Africa a bordo di una barca, sono vestiti da sera, eleganti, con abiti scuri, ma impolverati, strappati.
Il dramma dell’immigrazione è il tema di VB65 in cui il pubblico è unospite non invitato alla cena, nel corso della quale i commensali mangiano senza piatti e posate, ingerendo cibo intero.
Vanessa Beecroft è nata a Genova nel 1969, attualmente vive a Los Angeles. La sua prima performance risale al 1993, quando per lapresentazione del suo libro Despair ha invitato 30 ragazzeeleggendole quale suo pubblico “speciale”.
Da quel momento la Beecroft ha realizzato 65 performancetrasformando e rielaborando la quotidianità, affrontando svariate questioni come la sua malattia psicofisico-formale, malattie dell’alimentazione come la bulimia e l’anoressia, con incursioni nel mondo della moda, del cinema, del teatro e della pubblicità.
“L’opera di Vanessa Beecroft si presenta senza ombra di dubbio come una delle riflessioni più puntuali del passaggio di fine/inizio secolo e millennio, interrogandosi e facendoci interrogare su una delle questioni cruciali della nostra esistenza e dell’arte che è il corpo e la relazione che noi abbiamo con esso” ha sottolineato Giacinto di Pietrantonio nel saggio che presenta l’artista.
L’assessore alla Cultura del Comune di Milano, Massimiliano Finazzer Flory ha voluto fortemente la presenza di Vanessa Beecroft al Pac:“La performance di Vanessa Beecroft si iscrive all’interno di una dialettica tra carne e corpo, tra il possesso della vita e la sua proprietà dove assistiamo ad un cortocircuito tra consumi e costumi. Il pubblico non potrà che essere emotivamente coinvolto”.
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