Molte le congetture sul nome e sull’identità dell’artista
nato e cresciuto a Bristol, ma tuttora nessuna certezza.
Dopo l’adolescenza nella città natale, nei primi del 2000
Banksy è a Londra e comincia a farsi conoscere.
Esordisce raffigurando topi, ma in breve i muri della città
si animano con i suoi personaggi ironici, pungenti,
provocatori e irriverenti. E da subito è un fenomeno:
la stampa parla di Banksy effect.
La sua si manifesta immediatamente come un’esplicita
e aspra provocazione nei confronti dell’establishment,
del potere, della guerra e del consumismo.
I suoi stencil, immediati e ricorrenti come manifesti pubblicitari,
appaiono ovunque, anche nei luoghi più bizzarri della città,
e spesso ne sottolineano e spiegano i caratteri.
L’artista di Bristol è anche celebre per le sue “incursioni”.
Si è intrufolato nei musei, negli zoo, nelle gallerie e nei
negozi di tutto il mondo, divenendo l’indiscusso re della guerrilla art.
Oggi Banksy non è solo un fenomeno di costume, ma la sua
imponente presenza sulla scena internazionale ha costretto
il mondo dell’arte a fare i conti con il suo linguaggio.
Lo star system lo adora, le sue opere vanno a ruba per migliaia di euro,
la stampa lo celebra, eppure egli ha saputo mantenere e
difendere il suo anonimato.
Il funzionamento di questo ingranaggio - nel complesso e scambievole rapporto
Banksy-mercato, Banksy-museo, Banksy-committenza -
appare come l’aspetto più suggestivo e appagante dell’osservazione
critica di questo geniale interprete figurativo del nostro mondo.
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