mercoledì 16 novembre 2011

GAUGUIN - VAN GOGH per Genova


Gauguin, e Genova merita il viaggio

«Da dove veniamo? Chi siamo? Dove andiamo?» è l'opera intorno a cui si sviluppa la mostra di Genova. Paul Gauguin la dipinse nel 1897 e poi tentò il suicidio. E' un prestito eccezionale, mai visto prima in Italia

Un capolavoro dell’artista francese e 40 opere di Van Gogh per la città ferita dall’alluvione

TEODORO CHIARELLI
INVIATO A GENOVA
C’ è un’opera che da sola vale il viaggio a Genova. Il monumentale capolavoro di Paul Gauguin «Da dove veniamo? Chi siamo? Dove andiamo?» che il pittore volle come testamento nel 1897, prima di un tentato suicidio. L’opera è un prestito eccezionale del Museo di Boston, mai visto in Italia e una sola volta in Europa.

Ma la straordinaria mostra «Van Gogh e il viaggio di Gauguin» è anche un tributo a una città ferita dall’alluvione che ha fatto sei morti ed enormi danni. Una città che vuole ripartire da due delle sue carte migliori: la cultura e la bellezza. In fondo, un modo per essere solidali con i genovesi è venire a trovarli a casa loro, approfittando della mostra, degli altri musei, dell’Acquario, di un centro storico dal fascino unico. Le 60 mila prenotazioni già arrivate fanno ben sperare.

Il viaggio è il tema su cui ruota la rassegna curata da Marco Goldin. Il viaggio inteso come esplorazione geografica, negli spazi e nelle culture, ma anche come esplorazione di sé. Come il viaggio per mare compiuto da Gauguin nel 1891 e nel 1895 per raggiungere la Polinesia. Ma anche interiore, alla ricerca delle radici dell’esistenza e dell’arte, secondo il genio di Van Gogh, che scopre la luce attraverso il colore.

Il percorso è tutto nella storia e nella sensibilità di Goldin, che ha voluto per questa rassegna solo le opere più esplicative del suo sentire. Si comincia così con i pittori americani (Church, Bierstadt) sbalorditi di fronte alla natura, per arrivare alle tele di Turner, visioni marine rarefatte affiancate ai capolavori di Rothko, mai così liquidi e appaganti. Poi si entra nella capanna di Gauguin, con le essenze di legno e di canniccio, dominata dai quattro metri di tela di «Da dove veniamo? Chi siamo? Dove andiamo?», che si interroga sulla vita e sull’arte, testamento spirituale e compendio delle meraviglie che avrebbe creato negli anni a venire.

Quindi tocca al viaggio di Van Gogh nella luce, nella speranza e nella follia, con opere bellissime, molte mai esposte in Italia: i campi (con la versione più bella del «Seminatore»), i giardini, le marine, gli ulivi, l’incanto di Saint-Rémy. E prima ci sono la ricostruzione della camera all’ospedale di SaintRémy, il quadro degli scarponi, le lettere, compresa l’ultima, trovatagli in tasca dopo che si fu sparato, accanto a un malinconico «Covone sotto un cielo nuvoloso». E l’«Autoritratto con cavalletto», ultimo approdo negli occhi dell’artista. Occhi vividi, dardeggianti, che sembrano leggere nell’anima di chi si accosta al quadro.

Il percorso espositivo si conclude con Hopper, Monet e il suo viaggio tra le ninfee nel giardino di Giverny, Kandinsky che esplora l’astrazione. Non è stato facile inaugurare la mostra: si pensi che le tele sono assicurate per 1 miliardo di euro, 250 milioni solo per Gauguin. Il giorno dell’alluvione, mentre si sistemavano i quadri e, per primo, proprio Gauguin, in tutto il mondo giravano le immagini della catastrofe. Da fuori, ha rivelato Goldin, arrivavano inviti a rimandare. La direttrice del museo russo prestatore delle tele di Kandinsky, terrificata da quanto vedeva alla tv, aveva fermato alla frontiera con l’Ungheria il camion che portava le opere.

Ci sono volute molte e convincenti telefonate per far proseguire il viaggio di quei capolavori. Lo stesso è accaduto per il museo di Boston, prestatore della tela di Gauguin, arrivata in città appena il giorno prima dell’alluvione, che non voleva più spedire due capolavori di Monet. Alla fine tutto è andato per il verso giusto: il risultato è una mostra bellissima, che merita il viaggio.

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