sabato 18 giugno 2011

HENRIE CARTIER-BRESSON


Henri Cartier-Bresson al Centro Internazionale di Fotografia di Verona


Henri Cartier Bresson è, secondo la definizione di Pierre Assouline, “l’occhio del secolo”.
In effetti il fotografo non ha mai smesso, dai suoi inizi negli anni 30,
di esplorare con lucidità i grandi movimenti artistici, politici e sociali del nostro mondo.
La mostra Henri Cartier- Bresson. Photographe, che si terrà a Verona presso il
Centro Internazionale di Fotografia dal 19 giugno al 9 ottobre 2011,
delinea il ritratto di un artista che ha sempre scelto l’anonimato nell’azione per meglio cogliere l’istante.
Attraverso le 133 fotografie in mostra ci viene raccontata la storia di uno sguardo eccezionale.
Come scrive Yves Bonnefoy nel libro Henri Cartier-Bresson:
Photographe (Delpire, Paris, 1979) ”Quando guardo un’opera di Henri Cartier- Bresson,
 provo dapprima meraviglia che possano essere accadute situazioni così ricche di senso,
così intense. …Ma so anche bene che queste epifanie si manifestano per questo poeta su un orizzonte che condividiamo tutti e da questo mi sento incoraggiato e guidato, che è il migliore contributo che possano dare le opere”.

L’esposizione è organizzata dal Comune di Verona – Assessorato alla Cultura,
in collaborazione conMagnum Photo e la Fondation Henri Cartier-Bresson,
 che lo stesso fotografo aveva istituito un anno prima della sua morte avvenuta nel 2004,
insieme alla moglie Martine Franck, famosa fotografa, e alla figlia Mélanie.
Membro fondatore di Magnum nel 1947, Henri Cartier-Bresson studia pittura con André Lothe
(1927-2928). Frequenta i surrealisti soprattutto André Breton e Max Ernst.
 Dopo un soggiorno di un anno in Costa d’Avorio, parte per l’Europa dell’Est accompagnato
da André Pieyre de Mandiargues.
Nel 1933 prima esposizione nella galleria Julien Levy a New York.
Scopre il Messico dove rimane per un anno. Di ritorno a Parigi diventa il secondo assistente
di Jean Renoir.
Fatto prigioniero nel 1940, evade nel febbraio del 1943 dopo due tentativi di fuga.
Nel 1946 ritorna a New York dove sceglie le immagini di una esposizione “postuma”
 al Museo d’Arte Moderna. Viaggia in India, Cina, Indonesia.
Divenuto collaboratore di Magnum nel 1966, si dedica essenzialmente al disegno
 a partire dagli anni 70. Nel 2003 la grande retrospettiva De qui s’agit-il ?,
allaBibliothèque Nationale de France e creazione della Fondation Henri Cartier- Bresson a Parigi.

VANESSA BEECROFT


Vanessa Beecroft: nuova performance alla galleria Lia Rumma di Milano

listen it it Vanessa Beecroft: nuova performance alla galleria Lia Rumma di Milano
b272a vanessabeecroft Vanessa Beecroft: nuova performance alla galleria Lia Rumma di Milano
Ritorna Vanessa Beecroft. Già presente alla Biennale di Venezia, nel Padiglione Italia alle Tese dei Soppalchi con alcune sculture del progetto VB Marmi, giunge tra pochi giorni alla galleria Lia Rummanelle sedi di Milano (7 giugno 2011) e Napoli (9 giugno 2011).
Nella sede milanese dei via Stilicone saranno presenti i progetti VB70 (performance/scultura di dieci modelle su blocchi di marmo e statue di corpi femminili di età e pesi differenti, rivelati, scoperti, giudicanti?) e VB MARMI (installazione di marmi colorati: Sodalite blu, Macaubas azzurro, Lapislazzuli blu, Rosa Portogallo, Nero del Belgio, Statuario bianco, Onice verde e Rosso Francia – già i nomi sono un programma). Un percorso, quello del marmo, del gesso e della scultura, iniziato a Palermo con la performance VB62.
Prosegue così la ricerca dell’artista milanese -di casa a Los Angeles- riguardo all’identità femminile; in un’intervista al Corriere della Sera, Vanessa parla del suo amore per il disegno -la forma di espressione più intima e più indicativa dei turbamenti dell’animo- e di come l’abbia cambiata la maternità. Detto questo, resta l’impatto emotivo forte e spiazzante della performance, che rimane forse il veicolo principe per colpire l’immaginario del pubblico.
Immagine | LiaRumma.it
Vanessa Beecroft: nuova performance alla galleria Lia Rumma di Milano é stato pubblicato su artsblogalle 21:01 di sabato 04 giugno 2011.

VANESSA BEECROFT



Le opere di Vanessa Beecroft in mostra al Pac

Il dramma dell'immigrazione ispirato da 'L'Ultima Cena' di Leonardo Da Vinci

18/03/2009 - 08:51
In esclusiva assoluta per il Pac (Padiglione d’arte contemporanea)Vanessa Beecroft presenta la sua opera n. 65.

L’esposizione si divide in 2 parti: la performance VB65 e 16 videodelle sue precedenti performance, tra cui VB61 e VB62.

L’opera creata dall’artista italiana per il Pac, ha come protagonisti 20 immigrati africani, seduti ad una tavola, come a voler riproporreL’ultima Cena di Leonardo da Vinci. I 20 uomini, tutti veri immigratiarrivati in Italia dall’Africa a bordo di una barca, sono vestiti da sera, eleganti, con abiti scuri, ma impolverati, strappati.

Il dramma dell’immigrazione è il tema di VB65 in cui il pubblico è unospite non invitato alla cena, nel corso della quale i commensali mangiano senza piatti e posate, ingerendo cibo intero.

Vanessa Beecroft è nata a Genova nel 1969, attualmente vive a Los Angeles. La sua prima performance risale al 1993, quando per lapresentazione del suo libro Despair ha invitato 30 ragazzeeleggendole quale suo pubblico “speciale”.

Da quel momento la Beecroft ha realizzato 65 performancetrasformando e rielaborando la quotidianitàaffrontando svariate questioni come la sua malattia psicofisico-formale, malattie dell’alimentazione come la bulimia e l’anoressiacon incursioni nel mondo della moda, del cinema, del teatro e della pubblicità.

“L’opera di Vanessa Beecroft si presenta senza ombra di dubbio come una delle riflessioni più puntuali del passaggio di fine/inizio secolo e millennio, interrogandosi e facendoci interrogare su una delle questioni cruciali della nostra esistenza e dell’arte che è il corpo e la relazione che noi abbiamo con esso” ha sottolineato Giacinto di Pietrantonio nel saggio che presenta l’artista.

L’assessore alla Cultura del Comune di MilanoMassimiliano Finazzer Flory ha voluto fortemente la presenza di Vanessa Beecroft al Pac:“La performance di Vanessa Beecroft si iscrive all’interno di una dialettica tra carne e corpo, tra il possesso della vita e la sua proprietà dove assistiamo ad un cortocircuito tra consumi e costumi. Il pubblico non potrà che essere emotivamente coinvolto”.

MATTIA MORENI




venerdì 17 giugno 2011

GILLO DORFLES

Bisogna essere cauti nel chiedere a Gillo Dorfles notizie del suo passato. Non risponderà volentieri e semmai preferisce parlare al passato prossimo che al passato remoto. I ricordi, per quest'uomo che ha superato i 101 camminando sempre diritto ed elegante, leggendo sempre a occhio nudo, parlando con tono fermo e voce chiara, sono un fastidio che lo fa sbuffare di noia: «Preferisco ricordare il presente e vorrei ricordare il futuro, naturalmente». La sua quotidianità? «Niente di ufficiale». Ma si sa che nella sua giornata, tra l'altro, c'è la pittura e c'è il pianoforte, che è qui in un angolo del salone. «Niente vita privata, e niente autobiografia, quella uno avrebbe diritto di farla solo dopo morto. Lo scriva, per piacere». Scritto. Però almeno un accenno al papà ingegnere navale e alla sua città: «Sono rimasto a Trieste fino a 4 anni, quando è scoppiata la prima guerra ci siamo trasferiti a Genova, la città di mia madre. Poi sono tornato a Trieste in epoca di ginnasio». Sono gli anni in cui Dorfles entra in contatto con l'intellighenzia locale. Tanti nomi, a cominciare da quello dell'amico del cuore Bobi Bazlen, lettore accanito, consulente editoriale e traduttore. «Da piccolo avevo la passione dei libri belli: un giorno nel negozio d'antiquariato di Saba ho chiesto ai miei genitori un volume antico, credo un classico. Saba mi ha detto: "Non xè par ti, non puoi capirlo...". In realtà a me interessava la rivestitura di cuoio, non il testo». Poi, grazie all'amicizia stretta con la figlia Linuccia, il poeta sarà un incontro quasi quotidiano: «Aveva un carattere pessimo, poco espansivo, presuntuoso, nevrotico. Svevo era l'opposto, impacciato, affabile, simpatico...». 



Il passato conterà anche poco per Dorfles
, ma quanti possono dire oggi: ho conosciuto l'impiegato Ettore Schmitz... «Ero amico delle ragazze della famiglia, che faceva parte della buona borghesia triestina e aveva la capostipite in Olga Veneziani». La Veneziani era proprietaria della fabbrica di vernici sottomarine in cui Svevo, dopo aver sposato Livia, la figlia di Olga, era stato assunto come impiegato. «Nella Villa Veneziani si riunivano ogni domenica amici che arrivavano anche dall'Italia, tipo Giacomino Debenedetti e Montale. Un giorno accompagnai Bazlen in posta a spedire in Francia una copia di Senilità. Nel '25 era uscito l'omaggio di Montale, ma prima dell'investitura Svevo era conosciuto da pochissimi e scriveva romanzi con grande irritazione della suocera, che considerava la sua passione letteraria una perdita di tempo. Svevo aveva un carattere delizioso, aureo direi». Subito dopo la guerra, Dorfles scrisse un articolo sulla «Lettura» sulla casa bombardata dei Veneziani come il regno del cattivo gusto in cui Svevo era un incompreso: «Le figlie della vecchia Olga hanno scritto a mia madre chiedendole di punirmi per quell'articolo».



mercoledì 15 giugno 2011

Enrico Baj

ENRICO BAJ

Nato a Milano il 31 ottobre 1924, Enrico Baj 
è fra i più importanti artisti italiani contemporanei. 
Protagonista delle avanguardie degli anni Cinquanta e Sessanta, accanto a
 Fontana, Jorn, Manzoni, Klein, Baj ha stretto rapporti con Max Ernst,
 Marcel Duchamp, E. L. T. Mesens, e altri artisti del gruppo CoBra,
 con il Nouveau Réalisme, il Surrealismo e la Patafisica.
 Nel 1951 Baj fonda a Milano, con Dangelo e Dova, il "Movimento Nucleare";
 nel 1954, in opposizione alla sistematica ripetitività del formalismo stilistico,
 dà vita con Asgern Jorn al "Mouvement International pour une Bauhaus Imaginiste” 
contro la forzata razionalizzazione e geometrizzazione dell'arte.


Muore nella sua casa di  VERGIATE (VA) il 16 giugno 2003

The Promise

LUCIANA CASTELLINA


La scoperta del mondo, di Luciana Castellina (finalista Premio Strega 2011)

Creato il 14 giugno 2011 da Libriconsigliati
La scoperta del mondo
La scoperta del mondo

Titolo: La scoperta del mondo

Autore: Luciana Castellina

Editore: nottetempo
Pagine: 290
Prezzo: € 10,73La scoperta del mondo, di Luciana Castellina (finalista Premio Strega 2011)
Pubblicazione: gennaio 2011
ISBN: 978-88-7452-278-1
Valutazione Libriconsigliatiimperdibile.
Luciana Castellina ha quattordici anni quando la partita di tennis estiva che sta giocando con la sua compagna di classe Anna Maria Mussoliniviene interrotta dalla guardia in borghese che si occupava dei figli del Duce nella grande villa di Riccione: è il 25 luglio 1943, Mussolini è appena stato arrestato, il fascismo è finito.
Con questo episodio, insieme storico e privato, si apre il diario cheLuciana Castellina, giornalista e scrittrice, ma soprattutto militante politica e parlamentare comunista, tiene tra i quattordici e i diciotto anni, ovvero dal 1943 al 1948, anni cruciali per l’Italia, e per la sua crescita personale.

Al MUSEO NAZIONALE di PECHINO


450 opere basteranno a illuminare la Cina? - 

Aste Artisti, ArsValue - ArtEconomy24

Pechino.
Nel tentativo da parte dell’Occidente di beneficiare del successo 
internazionale del capitalismo cinese, tre tra le principali 
associazioni di musei pubblici tedeschi, lo Staatliche Museen di Berlino, 
lo Staatliche Kunstsammlungen di Dresda e
 il Bayerische Staatsgemäldesammlungen di Monaco (che comprendono  34 musei)
 presentano al Museo Nazionale cinese una mostra della durata di un anno, 
«L’arte dell’Illuminismo» (dal 2 aprile al 31 marzo 2012), 
a corredo di un’altra incursione tedesca in territorio cinese, 
l’ampliamento del Museo di Pechino progettato dagli architetti di Amburgo Gerkan,
 Marg und Partner, che, in 191.900 mq di superficie,
 hanno creato il museo più grande del mondo.
La mostra celebra l’inaugurazione del museo con oltre 450 oggetti tra dipinti,

 sculture, stampe e disegni di artisti come
 Caspar David Friedrich, J.H. Füssli, Gainsborough, Raeburn, Wright of Derby, 
Hubert Robert, Angelika Kauffmann, Vernet, Watteau, Piranesi e Goya, 
oggetti d’arte, manufatti di moda e strumenti scientifici del periodo illuminista

martedì 14 giugno 2011

PELLIZZA DA VOLPEDO


Giuseppe Pellizza da Volpedo
Giuseppe Pellizza, pittore italiano appartenente al movimento divisionista 
e poi alla corrente sociale,  nasce e muore a Volpedo (28/07/1868-14/06/1907).
  Figlio di coltivatori, viene iscritto alla scuola tecnico-artistica di Castelnuovo
 dove acquisisce le basi fondamentali del disegno.
 Più tardi, tramite i fratelli Gubicy, persone molto influenti, riesce ad iscriversi
 all’Accademia delle Belle Arti di Brera.
 Durante gli studi accademici, frequenta lo studio del pittore Puricelli 

e poi quello di Pio Sanquirico.


Achille Bonito Oliva .....TRANSAFRICANA


TRANSAFRICANA. A cura di Achille Bonito Oliva

Fondazione 107 presenta “TRANSAFRICANA” a cura di Achille Bonito Oliva.
Il titolo nasce dalla storica linea ferroviaria che taglia longitudinalmente l’Africa
e dal desiderio di offrire un’arte “di attraversamento” così come la linea transafricana
 mette in comunicazione popolazioni tra loro eterogenee.

I 6 artisti africani selezionati sono:


• Esther Mahlangu – Sud Africa pittrice e scultrice
• George Lilanga – Tanzania pittore e scultore
• Seni Camara – Senegal scultrice
• Mikidadi Bush – Tanzania pittore e scultore
• Kivuthi Mbuno – Kenya pittore e scultore
• Peter Wanjau – Kenya pittore e scultore

ognuno di loro vive ed opera nel paese di origine.

Se sul finire degli anni ’70 del secolo scorso la Transavanguardia proponeva

 modelli di superamento alla sterilità delle neoavanaguardie ormai consumate 
su temi iperconcettuali,
 all’inizio di questi anni gli artisti di Transafricana propongono modelli alternativi,
 di recupero del sentimento del reale, della vita,
 rifiutando la corsa verso la globalizzazione estetica che pervade ormai 
tutta l’arte occidentale.
Come un grande pachiderma addormentato,

 l’Africa si risveglia da un sonno ancestrale e irrompe con grande forza ed energia
 nella storia dell’arte contemporanea internazionale, 
rivalutando la magia della vita e la sacralità dell’arte.
Citando Paul Klee, Achille Bonito Oliva afferma che “l’arte non ripete le cose visibili,


 ma rende visibile”. 

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