sabato 28 maggio 2011

MOSAICO


Spilimbergo è comunemente conosciuta come la "Città del Mosaico" in quanto qui opera la Scuola Mosaicisti del Friuli, nata ufficialmente nel gennaio del 1922, erede dell'antica tradizione musiva romana e bizantina e perciò aquileiese e veneziana.
Spilimbergo è oggi la capitale del mosaico decorativo, pavimentale o parietale, come stanno a dimostrare le imponenti e preziose opere uscite dalla Scuola e dai laboratori cittadini, opere che abbelliscono aeroporti , stazioni, alberghi, metropolitane, università, regge, residenze pubbliche e private, palestre, stadi, cattedrali, moschee, santuari e monasteri in ogni angolo del mondo.
Presso la Scuola, sotto la guida di insegnanti esperti e qualificatissimi, vengono eseguiti, sulle tracce dell’invenzione del mosaico a rovescio del sequalsese Giandomenico Facchina, lavori di ogni tipo, su bozzetti di alcuni tra i più illustri artisti contemporanei.

La fama della Scuola è ben meritata e, ben oltre il comune apprezzamento, lo sta a dimostrare il credito ed il prestigio che essa gode in tutto il mondo, là dove, da Detroit a Los Angeles, da Parigi a Tokio, da Buenos Aires a Canberra, picca in bell’evidenza, sulle pareti brillanti di smalti, la sigla SMF (Scuola Mosaicisti Friulani), una sigla che sottintende tradizione e innovazione, capacità e inventiva. (testi di Gianni Colledani)

Mattia Moreni - Falegname.

giovedì 26 maggio 2011

KOONS JEFF


SU «STYLE»

Nella bottega dell’arte di Koons, 150 tra pittori ed esperti di pc

Jeff apre il laboratorio (affollato) dove nascono le sue opere

Jeff Koons sulla copertina di Style
Jeff Koons sulla copertina di Style
MILANO — L’artista pop dalle quotazioni milionarie, le cui opere fanno bella mostra nelle collezioni degli uomini più ricchi del mondo: a Jeff Koons è dedicata la copertina diStyle, il mensile del Corriere della Sera in edicola domani. L’artista ha aperto le porte del suo mega atelier, a New York, nella 29esima strada, zona Chelsea, a pochi giorni dalla partenza per l’Italia, dove esporrà alla Biennale di Venezia.
È da questa vera e propria fabbrica nella quale lavorano oltre 150 artigiani, pittori, computer designer, specialisti in nuovi materiali, che escono le sue maestose creazioni, dipinti, sculture, installazioni. L’azienda appare come un anonimo capannone tra magazzini e camion parcheggiati, dove le maestranze lavorano sotto la sua puntigliosa direzione. In una grande sala molti di loro lavorano contemporaneamente, arrampicandosi su strutture di legno, a otto grandi dipinti.
In un’altra si studiano nuove combinazioni dei suoi celebri palloni gonfiabili: sono le opere che miliardari e mercanti d’arte si contendono pagandole anche 15 milioni di dollari.
Jeff Koons racconta se stesso ricordando gli anni in cui, per finanziare le sue incredibili opere, è diventato trader in Borsa, poi l’attrazione fatale con Ilona Staller, diventata sua moglie, e l’incontro con Salvador Dalí (in pelliccia).
Lo studio di Jeff Koons a New York
Lo studio di Jeff Koons a New York
Ad altri quattro artisti che saranno presenti a VeneziaStyle dedica uno «Speciale Biennale». Ecco la selezione degli straordinari «gondolieri dei canali meno esplorati del contemporaneo»: Loris Gréaud, amante della fantascienza, già premio Ricard come miglior artista francese under 40, vanta esposizioni prestigiose sia al Palais de Tokyo sia al Centre Pompidou. A 32 anni arriva a Venezia in groppa alla balena di Pinocchio: «The Geppetto Pavilion », un’installazione galleggiante nel bacino interno dell’Arsenale. Poi c’è un collettivo di quattro austriaci, chiamati «Gelitin», con una performance considerata la più calda della Biennale: attiveranno una fornace per la fusione del vetro che funzionerà durante tutta la prima settimana della mostra. Lo svizzero americano Christian Marclay è autore di «The Clock», l’opera esposta alla Biennale, che dura 24 ore ed è interamente composta da momenti filmici in cui i personaggi interagiscono con orologi e strumenti che indicano il tempo che passa. Infine la fotografa-regista Cindy Sherman, che a maggio ha infranto tutti i record d’asta per una fotografia, con la sua opera «Untitled #96» del 1981, battuta da Christie’s a 3,9 milioni di dollari (2,7 milioni di euro): è considerata tra le massime esponenti dell’arte contemporanea.

Mostra antologica di Mattia Moreni alla fondazione Michetti - Abruzzo.

Marc Chagall. Il segno dell’anima - Eventi - Touring Club Italiano

Marc Chagall. Il segno dell’anima - Eventi - Touring Club Italiano

lunedì 23 maggio 2011

IMPRESSIONISTI


Impressionisti. Capolavori della Collezione Clark" in mostra a Palazzo Reale

Presso Palazzo Reale
Piazza del Duomo, 12, Milano
Dal 02/03/2011 al 19/06/2011
Voto Redazion

mostra-artemisiaGrande evento a Milano. Palazzo Reale sarà infatti la prima tappa dell’eccezionale e inedito tour mondiale dei capolavori della famosa collezione americana del Sterling and Francine Clark Art Institute, di Williamstown, Stati Uniti che comprende grandi opere francesi del XIX secolo, con stupendi dipinti di Pierre-Auguste Renoir, Claude Monet, Edgar Degas, Édouard Manet, Berthe Morisot e Camille Pissarro.

La mostra Impressionisti. Capolavori della collezione Clark si terrà dal 2 marzo al 19 giugno 2011 e conterà 73 opere dei maestri francesi dell’Ottocento. Dopo Milano, la mostra si sposterà nei maggiori musei di tutto il mondo.

Impressionisti a Palazzo Reale: le opere in mostra -

  • 07_Rousseau FattoriaNelleLande
  • 08_Caillebotte_La_Senna ad_Argenteuil
  • 11_Mille Pastorella
  • 01_Sisley_I_Loing_e i_mulini_di_Moret
  • 05_Renoir Tramonto
Disponibili 15 foto
L’evento è promosso dall’Assessorato alla Cultura del Comune di Milano vanta il patrocinio del Ministero per i Beni e le Attività Culturalied è organizzato dallo Sterling and Francine Clark Art Institute, insieme a Palazzo Reale e Arthemisia Group. La mostra nasce dalla collaborazione internazionale tra Arthemisia Group, l’Assessorato alla Cultura del Comune di Milano e lo Sterling and Francine Clark Art Institute. Grazie a questa intesa l’Italia è stata scelta come prima sede di questo eccezionale tour.

Il Clark Art Institute organizza grandi mostre esportando le proprie opere in tutto il mondo. L’ultima e più recente è l’importante monografica Pasión por Renoir, aperta ad ottobre 2010 al Museu Nacional del Prado di Madrid, con l’intera collezione di trenta dipinti di Pierre-Auguste Renoir, mai usciti prima dalla sede di Williamstown.

La mostra è curata da Richard Rand, Senior Curator presso lo Sterling and Francine Clark Art Institute, e il percorso espositivo, organizzato con la consulenza scientifica di Stefano Zuffi, è articolato in dieci sezioni che evidenziano i temi fondamentali che testimoniano tutte le innovazioni stilistiche e tecniche della seconda metà dell’Ottocento: La luce, L’impressione, La natura, Il mare, Il corpo, La città e la campagna, I viaggi, I volti, I piaceri, La società.

Le sezioni riuniscono dunque i capolavori dei più grandi artisti francesi che, nell’evoluzione e nelle declinazioni della poetica e dello stile dal realismo, all’impressionismo al post-impressionismo, si sono confrontati con queste tematiche rivoluzionando il concetto di pittura e il ruolo dell’arte nella società borghese dell’epoca.
 

ARCIMBOLDO GIUSEPPE

Nasce a Milano nel 1526 da una modesta famiglia di pittori
 autoritratto 1575                                                             


il giurista 1566

vertumno 

il bibliotecario 1562

testa reversibile ..l'ortolano 1590
Muore a Milano nel 1593 viene sepolto presso la chiesa di S.Pietro della Vigna

ORAZIO


Quinto Orazio Flacco, in latino Quintus Horatius Flaccus e noto semplicemente come Orazio (Venosa8 dicembre 65 a.C. – Roma27 novembre 8 a.C.), è stato un poeta romano. Considerato uno dei maggiori poeti dell'età antica, nonchè maestro di eleganza stilistica e dotato di inusuale ironia, seppe affrontare le vicissitudini politiche e civili del suo tempo da placido epicureo amante dei piaceri della vita, dettando quelli che per molti sono ancora i canoni dell'ars vivendi.



SATIRA II.

Quale e quanta virtù nel viver parco
Risieda, o buoni amici (e non è mio
Questo discorso, ma d’Ofello uom saggio,
Benchè rozzo villan senza dottrina)
5Non tra i gran piatti, e le sfarzose mense,
Ove abbagliato da soverchio lume
Istupidisce il guardo, e l’alma intenta
A ingannevoli obbietti il meglio aborre,
Ma qui digiuni a ricercar prendiamo.
10L’imperchè vi dirò, s’io vaglio a tanto.
Un giudice corrotto è mal disposto
A discernere il ver. Segui correndo
Lungo tratto una lepre, o i membri stanca
A cavalcare indomito cavallo,
15Oppur se avvezzo a sollazzar non puoi
Sostener cotai prove militari,
Prendi a lanciar la palla, e dolcemente
Col passatempo la fatica inganna,
O col disco ferir non ti rincresca
20La mobil aura. Dopo che la nausea
Da te cacciata avran tali esercizj,
Con lo stomaco voto allor disprezza

MIMMO PALADINO


 Montagna di sale di Mimmo Paladino a Palazzo Reale di Milano prima degli atti vandalici

domenica 22 maggio 2011

Mimmo Paladino











Posted by Picasa

Montagna di Mimmo Paladino danneggiata.

Montagna di Paladino danneggiata,
conto molto «salato» per il Milan

Serviranno almeno 150mila euro per il restauro: 8 i cavalli danneggiati e il sale è tutto da sostituire




I tifosi rossoneri hanno distrutto l'opera la notte dei festeggiamenti per lo scudetto
Montagna di Paladino danneggiata,
conto molto «salato» per il Milan
Serviranno almeno 150mila euro per il restauro: 8 i cavalli danneggiati e il sale è tutto da sostituire
MILANO - Conto «salato» per il Milan. Il restauro della «Montagna di Sale» di Mimmo Paladino esposta a Piazza Duomo a Milano e distrutta dai tifosi rossoneri durante la notte dei festeggiamenti per lo scudetto, costerà almeno 150mila euro.

Trasalimenti 2000 omaggio a TULLIO CATALANO

magritte e il surreale

César...le pouce


alla Fondazione GIANADDA  di Martigny-(Suisse)

PICASSO -- MIRO'-- DALI'--- a palazzo Strozzi


Picasso, Miró, Dalí. Giovani e arrabbiati: la nascita della modernità

12 marzo-17 luglio 2011





Sotto l'Alto Patronato del Presidente della Repubblica Italiana
Con il Patrocinio di: Ministero per i Beni e le Attività Culturali, Ministero degli Affari Esteri, Ambasciata di Spagna in Italia, Governo della Catalogna, Comune di Barcellona, Comune di Malaga
Promossa e Organizzata da: Ente Cassa di Risparmio di Firenze, Fondazione Palazzo Strozzi, Ministero per i Beni e le Attività Culturali, Soprintendenza PSAE e per il Polo Museale della città di Firenze.
Curata da: Eugenio Carmona, Christoph Vitali

Dedicata alla produzione giovanile di maestri che hanno avuto un ruolo decisivo per gli esordi dell’arte moderna, la mostra prende in esame il periodo pre-cubista di Picasso con suoi lavori anteriori al 1907, mentre le opere di Miró realizzate fra il 1915 e il 1920 sono presentate in relazione con quelle di Dalí del quinquennio 1920-1925 per porre in evidenza le differenze e relazioni stilistiche che caratterizzano il periodo precedente all’adesione dei due artisti alla poetica del Surrealismo.

La mostra Picasso, Miró, Dalí. Giovani e arrabbiati: la nascita della modernità curata da Eugenio Carmona e Christoph Vitali, presenta più di sessanta opere della produzione giovanile di Picasso, Miró e Dalí e oltre cento schizzi picassiani, provenienti dai più importanti musei spagnoli, dal Metropolitan Museum of Art e da collezioni private.
Cresciuti in Catalogna, i tre artisti raggiunsero la fama in Francia, dove i primi due scelsero di vivere e costruire la propria carriera, mentre Dalí decise di rimanere in Spagna. L’esposizione è strutturata come un film composto da flashback che rinviano a una serie di incontri che viaggiano a ritroso per riannodare le fila di un racconto: comincia con la visita di Dalí a Picasso (1926), traccia poi la nascita della modernità attraverso le risposte di Dalí a Miró, evidenzia l’incrocio fra Miró e Picasso (1917) e termina ancor prima dell’arrivo del giovanissimo Picasso a Parigi nel 1900, all’inizio del nuovo secolo.
Esposto in questa mostra per la prima volta fuori dalla Spagna il quaderno di Picasso Cahier 7 del 1907, che raccoglie i primissimi schizzi per il suo rivoluzionario capolavoro Les Demoiselles d’Avignon, che hanno rappresentato sollecitazioni fortissime per Dalí e Miró e in generale punto di partenza per la nascita del linguaggio dell’arte moderna.
Informazioni in mostra: tel. +39 055 2645155

Salvador Dalì: ..il meglio...

Arte: Joan Miró

CHAGALL


NEW YORK

All'asta gli schizzi inediti di Chagall

Una pagina del quaderno inedito
Una pagina del quaderno inedito
L'asta è in programma per venerdì 17 giugno, da Sotheby's a New York; stima di partenza, tra 600.000 e 900.000 dollari. Ma l'inedito quaderno di schizzi (a fianco) firmati da Marc Chagall (1895-1985) potrebbe superare (e di molto) questa cifra. Il quaderno (realizzato tra gli anni Quaranta e Sessanta) contiene 85 pagine di disegni e di acquarelli (molti con simboli religiosi, sia cristiani che ebraici).

18 maggio 2011

UFFIZI--Firenze


Uffizi, paura per il pavimento
nella sala della Niobe

E' stata chiusa al pubblico per effettuare indagini tecniche. Natali: «La sala contiene statue di marmo molto pesanti»

FIRENZE - La Sala della Niobe nella Galleria degli Uffizi (sala 42) è stata chiusa al pubblico per effettuare indagini tecniche dovute alla presenza di un avvallamento trovato davanti ad una delle grandi statue in marmo della collezione. L’avvallamento è stato segnalato da un custode. Concluse le analisi - ma non c’è una scadenza esatta, dipende dalla gravità dell’imprevisto -, la sala verrà riaperta e potrà tornare ad essere visitata dal pubblico.
«Nella sala della Niobe ci sono statue in marmo, molto pesanti. Qualche rara volta in passato si è verificato che il peso enorme abbia causato degli avvallamenti nel pavimento - ha spiegato il direttore degli Uffizi, Antonio Natali -. Aspetteremo un riscontro sulle cause di questo inconveniente dal responso tecnico che ci daranno gli ingegneri consulenti della soprintendenza. Nel frattempo la sala rimane chiusa, anche se non si sa per quanto; dipende dai fattori di rischio che verranno individuati». La sala della Niobe agli Uffizi era nota anche come stanzone e fu qui che negli anni ’80 del Settecento vennero collocate le statue provenienti dalla residenza dei Medici a Roma, copie di originali ellenistici del II e III a.C.
La sala è stata restaurata nel 2006. Il primo intervento fu realizzato da Lugi Lanzi, allora direttore degli Uffizi, in stile Luigi XVI, nel 1782, per conto del granduca Pietro Leopoldo di Lorena, che voleva creare una cornice per ospitare il gruppo dei Niobidi e poi i dipinti imponenti del Sustermans e di Grisoni. La sala era stata danneggiata dalla bomba dei Georgofili del 1993 e il progetto di restauro del 2006 consentì uno studio delle opere, sfociato in un dvd e in un libro. La sala venne allestita nel 1781 in pieno periodo Neoclassico per ospitare le collezioni di provenienti da Villa Medici a Roma. Esse raffigurano il mito di Niobe che vide sterminare i suoi sette figli da Apollo e Artemide per vendicare la madre in precedenza derisa dalla stessa Niobe.

17 maggio 2011(ultima modifica: 18 maggio 2011)

Biennale di Venezia 2011


Biennale d'arte, la rivoluzione
contro le lobby

«Un'idea figlia della Costituzione che invita a promuovere ogni opera. A dispetto del mercato»

Premessa: sono in conflitto d'interessi. Faccio parte, ahimè, dei 200 intelligentoni (o non saranno già 300? Con Sgarbi non si può mai sapere) ai quali il direttore del Padiglione Italia ha chiesto di selezionare gli artisti che esporranno alla Biennale. Premessa-bis: non sono un critico d'arte. Il mio mestiere è quello del giurista, e il giurista non è qualcuno che giura, come pensava un signore che ho incontrato l'altro ieri. Semmai è un esperto di commi, di tribunali, di pandette. Nel mio caso, ho a che fare con le regole più eteree e controverse del nostro ordinamento: quelle costituzionali. Quali titoli potrei dunque accampare per valutare i titoli di uno scultore o d'un pittore? E con che faccia tosta posso prendere partito su una vicenda (la 54esima Biennale) in cui sono coinvolto mani e piedi?
 Fausto Roma davanti alla sua «Grande Parete», a cui era stata dedicata nel 2006 una mostra a Palazzo Venezia, a Roma
Fausto Roma davanti alla sua «Grande Parete», a cui era stata dedicata nel 2006 una mostra a Palazzo Venezia, a Roma
Ma invece sì, lo faccio. Solo che per illustrarne le ragioni devo partire da lontano, più o meno dai tempi della prima guerra punica, quando ho vinto la mia cattedra all'università. Devo quel successo a un libro che mi è costato cinque anni di fatica, ben più dei troppi libri che ho pubblicato dopo. Argomento: le garanzie costituzionali dell'arte e della scienza. Fra le letture digerite prima di mettere inchiostro alla mia penna, una su tutte torreggiava come un monumento: Norberto Bobbio, Politica e cultura. In quell'aureo volumetto, dato alle stampe nel 1955, il filosofo torinese distingueva fra «politica culturale» e «politica della cultura», l'una calata dall'alto sulle attività dell'intelletto, l'altra sgorgante dal basso, dagli stessi intellettuali, per difendere la propria autonomia. E aggiungeva che ogni sistema liberale ammette la seconda ma rifiuta la prima alla radice, perché rifiuta la pianificazione della cultura da parte dei politici, che è sempre spia di dispotismo.
Quando scriveva quelle pagine, Bobbio aveva sotto gli occhi l'esperienza del realismo socialista, insieme alla memoria del ministero della Propaganda di Goebbels o del Minculpop fascista. E naturalmente aveva tutte le ragioni. Non soltanto perché ogni censura è odiosa, ma altresì per l'argomento indicato da Adorno nel 1960: c'è nella vita culturale una scintilla che non può essere pianificata, o che altrimenti muore. E allora come la mettiamo con la Costituzione italiana? Sta di fatto che quest'ultima non si limita a garantire la libertà dell'arte e della scienza (art. 33), ma attribuisce inoltre alla Repubblica il compito di promuoverle, di farle sviluppare (art. 9). Dunque di sostenerle con mezzi finanziari, strutture, eventi imbastiti dai pubblici poteri. E come potrebbero mai farlo, se non armandosi d'un disegno di politica culturale? Se lo Stato deve spendere quattrini per le arti figurative o lo spettacolo, dovrà decidere anzitutto quante risorse devolvere all'uno e all'altro campo, e in secondo luogo quante a ciascun genere (per esempio alla musica sinfonica rispetto al jazz), e in terzo luogo quante e a quali artisti. Senza un quadro di fini e di criteri, insomma senza una politica, l'intervento culturale premierebbe infatti le clientele, le appartenenze di partito.
C'è modo di coniugare libertà e promozione culturale? Sì che c'è: assegnando alla Repubblica la missione di rendere effettiva la libertà di cui sulla carta godono gli artisti. E dunque liberandoli dai condizionamenti delle lobby, dei potentati, dell'industria culturale. L'unica politica culturale democratica è quella che operi in soccorso delle culture deboli, delle energie artistiche depresse e periferiche, lontane dal gusto delle masse o dalle grazie dei signori del mercato. Questa, almeno, è la mia chiave di lettura; ma a suo tempo venne subito accettata da Paolo Barile, e oggi (posso dirlo?) è moneta corrente nella letteratura specialistica. L'ho poi difesa quando, insieme a una decina di «povericristi», scrivemmo le norme istitutive del nuovo ministero per i Beni e le attività culturali; la propongo agli studenti nei miei corsi di Legislazione dei beni culturali. Ma la realtà è tutt'altra, come chiunque può vedere. Per dirne una, il finanziamento al cinema cresce man mano che crescono gli incassi delle singole pellicole, che è un po' come nutrire i sazi lasciando a digiuno gli affamati. E senza i favori d'un assessore o di un guru dell'arte difficilmente potrai esporre le tue tele. Quanto poi al prezzo dei favori, meglio star zitto, non ho voglia di beccarmi una querela.
Ecco perché l'operazione messa su da Vittorio Sgarbi reca il vento della rivoluzione. Una rivoluzione costituzionale, anche se magari lui non se ne è accorto. La sua idea d'aprire al mondo la Biennale riecheggia il 1791, quando il Salon schiuse i battenti a tutti gli artisti parigini, non più soltanto a quelli benedetti dall'Académie des Beaux-Arts. D'altronde la prima garanzia della libertà dell'arte risale alla Costituzione francese del 1795. Ma nel frattempo l'arte - per usare le parole di Sgarbi - è diventata un sanatorio, dove entrano unicamente i medici (la critica accademica), mentre i sani se ne tengono alla larga. Invece dovrebbe raggiungere un pubblico più vasto di quello che riempie la cittadella artistica. Dovrebbe intercettare ogni sapere, non solo quello custodito dai sapienti dell'arte. E un'istituzione pubblica come la Biennale dovrebbe puntare i riflettori su artisti fin qui misconosciuti, se ciò nonostante meritano l'alloro.
Sicché ho accettato volentieri d'indicare un nome: Fausto Roma opera alla periferia dell'Impero, ma a mio parere è un artista straordinario. Posso sbagliare, certo, e ciascuno di voi potrà misurare l'errore (www.faustoroma.it). Del resto sbaglia l'asino, benché abbia una gran testa. Ma se è per questo, sbagliano pure i critici togati: dai falsi di Modigliani (1984) a quelli di Andy Warhol (2007), la storia è piena d'abbagli con una firma illustre in calce. L'abbaglio più grosso, tuttavia, è di chi ha già caricato i cannoni contro questa Biennale. Peggio: di chi rimprovera agli intellettuali di sinistra d'essersi prestati a un pifferaio di destra, come se anche il giudizio estetico fosse un referendum pro o contro Berlusconi. E allora vediamoci a Venezia, inforchiamo sul naso un paio d'occhiali, valutiamo laicamente. Poi, magari, ne parliamo.
Michele Ainis

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