lunedì 19 marzo 2012

JANNIS KOUNELLIS



19/03/2012 -

Kounellis, la lunga litania
dei cavalletti giganti

L'installazione di Kounellis alla Galleria Persano di Torino

Da Persano la nuova grande installazione di cappotti e rotaie

FRANCESCO POLI
TORINO
Lo spazio della galleria Persano è un grande e spoglio capannone urbano completamente imbiancato, con un soffitto curvo molto alto. In questo luogo ancora impregnato dalla memoria delle passate attività di lavoro Jannis Kounellis ha messo in scena con raffinata strategia una complessa installazione caratterizzata da un singolare fascino quasi sacrale. Entrando ci troviamo davanti a una potente e impressionante schiera di quattordici enormi cavalletti, fatti di barre di ferro, su cui sono appoggiate, come quadri, delle lastre rettangolari sempre metalliche. Ogni quadro accoglie degli ammassi di vecchi cappotti scuri sospesi con inquietanti ganci da macellaio. L'installazione è rigorosamente frontale, e l'effetto complessivo è allo stesso quello di una sorta funerea processione di strutture, e di una straniante aula di pittura per allievi giganti invisibili. «Io sono un pittore - dice Kounellis - e questi miei ultimi lavori sono gesti, materia composta di cappotti trovati nei mercatini, che perdono ogni tipo di forma per rappresentare semplicemente delle persone».

E in effetti (come Burri anche se in modo diverso) Kounellis fa della «pittura» con altri mezzi: utilizza materiali e oggetti poveri, quelli della dura produzione industriale e quelli della quotidianità carichi di vissuto, enfatizzando la loro fisica espressività primaria ma trasformandoli anche in segni figurativi e plastici di una ormai ben collaudata sintassi formale e compositiva, e in elementi di una orchestrazione spaziale che genera un'energia estetica carica di potenzialità immaginifiche e di profonde valenze culturali, politiche, esistenziali. Kounellis è sempre stato prima di tutto un umanista: l’interesse fondamentale al centro della sua ricerca è la riflessione sulla condizione dell’uomo, nella sua dimensione individuale e collettiva. Nel suo lavoro entrano sempre in gioco le questioni fondamentali legate ai temi cruciali dell’identità delle radici culturali e mitiche, e delle esperienze troppo spesso traumatiche e alienanti degli avvenimenti storici e politici, passati e presenti. L’arte può fare poco, in termini concreti: forse è solo una «consolazione metafisica» come dicevano Schopenhauer e Nietzsche, ma può avere la capacità eccezionale di contribuire all’invenzione essenziale di nuove visioni del mondo, e alla meditazione profonda sull’enigma del nostro destino. Kounellis, anche in questa occasione, ha lavorato per creare una interazione vitale e reciproca fra arte e realtà, dove però la prima tende progressivamente a prendere il soppravvento con una struggente deriva pessimistica e nostalgica. I cappotti usati e scuri, svuotati dai corpi che li indossavano, appaiono come reliquie di tragiche esistenze e si presentano ormai solo come fantasmatiche e informi presenze estetiche. In questo senso è esemplare un bellissimo lavoro in mostra: delle rotaie di treno posate su traversine ricoperte anch’esse da neri cappotti cuciti fra loro.

JANNIS KOUNELLIS
TORINO, GALLERIA GIORGIO PERSANO
FINO AL 16 GIUGNO

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